Il dipinto fu commissionato dagli Speziali al più celebre pittore barocco, al tempo presente a Roma, Pietro Berrettini (1596-1669), meglio conosciuto come Pietro da Cortona, con riferimento alla sua città natale. L’artista, oberato di commissioni, consegnò la grande pala per l’altare maggiore, solo nel 1646, ossia sei anni dopo aver ricevuto l’incarico. L’Università degli Speziali poté quindi finalmente sostituire la precedente pala d’altare, realizzata qualche decennio prima da Marcello Venusti (1512-1579), un protetto del grande Michelangelo Buonarroti. Il dipinto su tavola del Venusti fu successivamente venduto dagli Speziali (acquistato dallo Stato nel 1984 – si trova attualmente a Palazzo Barberini). Esso presentava il diacono Lorenzo che, impassibile, sorregge il proprio strumento di tortura, la graticola, in attesa del martirio. La scelta operata dal Venusti di rappresentare San Lorenzo immobile trova la sua fonte nel concetto dell’icona quale immagine devozionale concepita per esser contemplata, ma il dipinto, tutto sommato, risulta poco efficace sul piano della comunicazione. Diversamente, il Cortona ci restituisce un brano di grande intensità narrativa: il Santo, già inginocchiato sulla graticola, ha il volto proteso verso il cielo, dal quale giunge in volo un rubicondo puttino che gli porge la palma del martirio.
Lo sguardo di fede e speranza, che San Lorenzo indirizza al cielo, si carica di espressione nel gesto delle braccia aperte colle palme rivolte verso l’alto, a significare l’accettazione della volontà di Dio, rispetto al dramma di una sorte cruenta, tradotto magistralmente nel movimento della pianeta che copre l’abito di un bianco purissimo, bordato di raffinati merletti. Non è da escludersi che la preziosa pianeta di broccato, ricamata a filo d’oro, fosse stata fornita al Cortona dagli stessi Speziali perché fosse immortalata nella pala d’altare.
Se il soldato dalla barba fulva, che avvicina al Santo la torcia fumante, ha uno sguardo inquieto, l’energumeno, che lo strattona energicamente, appare invece deciso e intimamente partecipe dell’azione violenta. In questo dipinto, Pietro da Cortona mette in scena uno spaccato degli eterni sentimenti umani, in una cornice architettonica di antica memoria, per rammentare che il martirio di Lorenzo si consumò in una Roma capitale dell’Impero, nel lontano terzo secolo dopo Cristo.