Non esistono testimonianze certe sul dipinto, tranne una lapide inserita nel lato sinistro della capella che attesta l’obbligo di tenere accesa una candela davanti all’immagine del Crocefisso per volontà testamentaria del committente Valentino Sbardella, espressa nel 1670. E’ lecito pensare, quindi, che il quadro sia stato eseguito immediatamente dopo e lo stile, drammaticamente chiaroscurato, corrisponde molto bene a quella data, quando in ambiente romano prende piede una sorta di “neocaravaggismo” caratterizzato da stesure sintetiche e livide, di cui il dipinto è ottimo esempio. Sembrerebbe collocabile nell’ambito della scuola di Giacinto Brandi, notissimo pittore, all’epoca del vertice della sua fama. Tra i seguaci un possibe autore per il Crocifisso adorato da S. Francesco, potrebbe essere il poco noto Felice Ottini, conosciuto per alcuni dipinti certi nella chiesa di Gesù e Maria e ripetutamente citato come seguace del maestro Brandi, il cui stile ha parecchi punti di contatto con quello che si vede nella nostra pala.