Ho voluto ricordare di proposito alcune pagine della vita di questo grande Pontefice, cui la classe farmaceutica deve gratitudine perenne, avendo egli dato con la sua Bolla del 1429 il battesimo ufficiale al ” Nobile Collegio degli A Aromatari “, di cui quest’anno si celebra il V centenario, concedendogli rendite e privilegi.
Non fu certo una concessione di laute prebende, fu solo l’affidamento della gestione della modesta ” Collegiata di S. Lorenzo in Miranda ” a dei galantuomini; concessione nella quale, con alcuni privilegi professionali era incluso l’obbligo di devolvere le rendite alla creazione di un piccolo ospedale per i farmacisti poveri e per il mantenimento delle spese di culto della Chiesa Collegiale affidandola ad un cappellano con diritto all’alloggio ” et reliquia “. La storia consacra, che in materia finanziaria non si fu mai, in nessun tempo, supremamente generosi. E ciò fu un bene ; ne avremo occasione di riparlare. Ora a proposito di questa così poca generosità economica, panni utile riferire il seguente episodio storico.
Essendo Pontefice Paolo III, nel 1536, in occasione della venuta in Roma di Carlo V, il Senatore dell’Urbe, perché gli fosse resa più splendida la visione del Foro Romano, ordinò la demolizione delle casupole che trovavansi nell’intercolumnio del tempio di Antonio e Faustina.
Nel bagliore corrusco della splendida giornata, quando l’Imperatore, venendo da porta S. Sebastiano, entrò nella regione del Foro, vide nella sua magnificenza quella superba creazione dell’arte pagana, senza deturpamenti. Il monumento era stato reso al suo antico splendore, ma erano scomparsi l’ospedale, gli uffici, e l’abitazione del cappellano della ” Collegiata di S. Lorenzo in Miranda ” e del nostro secolare Istituto.
Anche in tempi moderni si ricorre all’opera del badile per queste rivivificazioni dei monumenti dell’epoca imperiale: il demanio senz’altro, sia pure in misura non generosa, compensa gli occupatori dei luoghi restaurati. La cronaca non dice se il Senatore di Roma abbia compensato il Collegio Chimico Farmaceutico di allora, dei danni di quelle demolizioni ; ma se si dovesse desumere dalle notizie giunte fino a noi, che per molti anni i farmacisti romani furono sottoposti ad una tassa mensile per la ricostruzione della Chiesa e del casamento, la cui architettura fu affidata all’architetto Orazio Toriani (Fig. 11), si dovrebbe concludere negativamente. Come già ho accennato, e come vedremo poi, fu una vera provvidenza, perché fu l’argomento principale col quale fu salvato l’indemaniamento del Collegio dopo il 1870.
Chi, oltrepassata la piazza del Campidoglio, volge a destra e precisamente dove trovasi la famosa scalinata del Vignola, osservando la parete del Palazzo Capitolino, vede una antica targa di travertino, sulla quale, oltre il mortaio e il pestello, che erano gli emblemi della Corporazione nostra di allora, si legge anche una scritta con caratteri in uso nel Medio Evo che dice :
COLLEGII AROMATARIOR – MDLXXV
Ciò non è sfuggito certo al nostro egregio Presidente che ha voluto riprodurla sul frontespizio di un suo pregevole lavoro e sulle cartoline del Collegio. La targa ha certamente appartenuto ad una vecchia costruzione del Collegio degli Speziali. Intelligentemente il demolitore non la confuse con altri rottami e la fece trasportare nei magazzini del Governatorato.
Col tempo, in epoca che non saprei determinare, la targa, emblema di qualcuna di quelle tante Corporazioni che fiorivano nel Medio Evo, fu incastonata sulle mura del palazzo. Siccome però il ” Collegium Aromatariorum ” ha resistito e resiste, malgrado le vicende dei secoli, credo che se i dirigenti del Collegio avanzassero istanza al Governatore perché quella targa fosse loro restituita, la concessione non sarebbe negata.
venerando cimelio potrebbe tornare nei locali Collegiali a tener compagnia alle Bolle, ai Rescritti, agli Incartamenti che formano quel prezioso monumento che è il nostro Archivio. L’Università degli Speziali che aveva accolto con assai buon animo la Bolla di Papa Colonna, per mezzo dei suoi dignitari si mise subito all’opera per convertire il vecchio ente religioso della Collegiata di S. Lorenzo in Miranda nell’Istituto civile indicato dalla volontà del Pontefice. I mezzi non erano certo assai abbondanti, ma fra le maestose rovine del tempio pagano sorse l’ospedale (di non più che 4 letti, fortunatamente assai poco occupati) per i farmacisti poveri. Sorse pure alla bene e meglio l’abitazione del cappellano pronto a somministrare i sacramenti ai malati in pericolo e a fare officiare la Chiesa con la collaborazione di altri sacerdoti.
Altre piccole incombenze di assistenza compievano i dignitari del Collegio con soccorsi forzatamente limitati; essi però erano ben lieti di questi piccoli sacrifizi, perché col rescritto papale avevano anche guadagnato esercizi di vigilanza e concessioni professionali.
Nessun documento ci è stato tramandato, all’infuori della Bolla di Papa Colonna, circa questo primo periodo della storia che andiamo tracciando.